Google+ La Natura che ci circonda: Lina, una scrofetta in casa

martedì 10 giugno 2014

Lina, una scrofetta in casa

Oggi cercando alcune cose nel PC mi sono ricapitate delle fotografie di qualche anno fa; certo, quello di cui sto per scrivere non è esattamente un animale selvatico, ma è pur sempre un animale. Per l'esattezza un maiale nero. 
Chiedo scusa per la risoluzione fotografica pessima, ma sono immagini prese da un vecchio cellulare e, per di più, tagliate per evitare i volti.

Un bel pomeriggio di sei anni fa, stavo passeggiando in campagna con un amico ornitologo, alla ricerca di qualche animale interessante. Mentre chiacchieravamo su quale specie si potrebbe trovare in un habitat come quello, con la coda dell'occhio vidi passare un cane con in bocca qualcosa di nero. La stessa mattina, all'alba, una scrofa aveva partorito  una decina di maialini ed io identificai in quella "cosa nera" uno dei suinetti. Senza pensarci troppo afferrai il cane e lo scrollai un po' dalla collottola per fargli lasciare l'animaletto; solo a freddo realizzai che quel cane era mezzo randagio ed avrebbe potuto reagire male per difendere la sua preda. Fortunatamente il cane non si indispettì troppo, visto che normalmente gli davamo qualcosa da mangiare, e lasciò comunque il maialino; una volta salutato l'amico ornitologo, rimasto un po' sorpreso dalla scena (credo che lì si sia definitivamente convinto della mia poca salute mentale), misi il lattonzolo in una scatola da scarpe vuota (pensate quanto era piccolo) e scappai dal veterinario. Inutile dire che la faccia che fece quest'ultimo vedendo il contenuto della scatola, fu una comica; l'unica cosa che mi disse fu: "pure il maialino?!" ed io molto candidamente "lo ha azzannato un cane, mica lo potevo lasciare morire". 
Dopo avermi detto che se il morso del cane aveva raggiunto i polmoni ci sarebbe stato ben poco da fare, medicò l'animaletto (che era una femminuccia) e, riconsegnatemelo con tanti punti da farlo sembrare un salame, mi disse che non sarebbe stato possibile rimetterlo con la madre e che quindi avrei dovuto crescerlo io ("se non ha preso il colostro è difficile che sopravviva ed in ogni caso è difficilissimo che arrivi fino allo svezzamento"). Fortunatamente qualche poppata di colostro aveva fatto in tempo a darla e così mi portai il porcellino a casa, con buona pace dei miei genitori, ormai sempre più convinti di avere una figlia completamente pazza. Appena la scrofetta si riprese un pochino cominciammo a farla mangiare, seguendo le istruzioni del veterinario su come correggere il latte, mettendo la sveglia (anche di notte) ogni 3 ore ed utilizzando una siringa senz'ago. In effetti la cosa si rivelò più difficile del previsto: qualche giorno dopo la maialina cominciò a stare male e mia sorella mi telefonò dicendomi che aveva smesso di respirare ed era fredda gelata; il veterinario che era con me mi disse che se era a casa ed aveva smesso di respirare c'era ben poco da fare, cosa che io riferì a mia sorella; poco dopo lei mi richiamò, dicendomi che la piccolina si era risvegliata perchè....ehm....mia madre le aveva fatto il massaggio cardiaco (genere "Carica dei 101", quando muore al parto uno dei 15 cuccioli) e l'aveva avvolta in una vecchia coperta di lana, mettendo all'interno della cesta delle bottiglie con acqua calda.


La facemmo visitare al dottore, che ci spiegò che evidentemente con la siringa aveva assunto troppo poco mangiare, per cui stava praticamente morendo di fame. Presto detto! Via a comprare il biberon ed a ricominciare da capo. A quel punto era diventata una questione di principio, per cui se prima ci eravamo impegnati ora praticamente eravamo tutti alle prese con questo maialino, cambiando l'acqua delle bottiglie assicurandoci che fosse sempre calda, preparando il latte, dandole il biberon. Anche i miei zii, che venendoci a trovare ci definirono scherzosamente "una banda di matti", alla fine si ritrovarono con il biberon in mano a far mangiare Lina (diminuitivo di "Angelina"; così avevamo chiamato la nostra scrofetta, ma tralascerei il motivo della scelta del nome).


Durante la vita in casa, Lina ne passò di tutti i colori, dalla carenza di ferro (quindi giù ad aggiungerne la giusta dose al latte) alla tracheite e regolarmente toccava a me farle le iniezioni con i vari farmaci; anche questo divenne ben presto tutt'altro che semplice, poichè, siccome i maiali non sono per niente stupidi, ben presto lei cominciò a riconoscere la siringa e a non farsi più prendere né, tanto meno, tenere ferma. Il tutto era condito dal via vai del veterinario, che ormai aveva preso la situazione in simpatia e che doveva venire a visitarla almeno una volta ogni 15 giorni (bisogna dire che si dimostrò davvero disponibilissimo, tanto da fornirci lui il mangime per lo svezzamento....che, siccome non le piaceva, usammo ben poco ripiegando sul semolino).
Il divertente fu quando cominciammo a portarla in giardino, visto che ormai era guarita e non c'era motivo di tenerla chiusa. Lina non era abituata all'erba e non voleva starci sopra, per cui fu necessario giocarci e farsi inseguire sul prato, prima che lei si rendesse conto che la terra non era così male rispetto alle mattonelle (avrei un video meraviglioso a questo proposito, ma mettendolo sul web rischierei il linciaggio da parte della persona che accompagnava Lina in quel momento).
In quel periodo avevamo da poco il nostro primo cane, Ciro, un trovatello che ha sempre avuto uno stupendo istinto paterno (secondo il vet: "se fosse una femmina sarebbe una mamma meravigliosa") con qualsiasi cucciolo di qualsiasi specie; anche lui collaborò attivamente alla crescita della scrofetta, facendole la guardia, tenendola con sé e giocandoci; un bel giorno, però, Ciro diventò geloso di Lina, così vedemmo la scrofetta (che nel frattempo aveva cominciato a pesare 6-7kg) scappare e saltare a rifugiarsi in braccio a mio padre, perché lui la inseguiva.
Ciro ben presto rinunciò all'idea del prosciutto di coscia e si adeguò ad avere intorno quell'insolito compagno di giochi... anche perché nel frattempo la scrofetta cresceva e l'impresa di assaggiarla gli diventava più difficile. Lina intanto diventò come un cane, chiamando quando doveva uscire per le sue cose e venendoci incontro quando sentiva il rumore della macchina che tornava a casa; dovunque si trovasse arrivava di corsa appena si sentiva chiamare. Le nostre passeggiate in campagna erano sempre accompagnate da Ciro da un lato e Lina dall'altro.



Un bel giorno Lina, che pretendeva di giocare come se pesasse ancora 2 kg mentre ne aveva raggiunti una buona trentina, dovette essere trasferita in un recinto, ma, siccome aveva paura degli altri maiali, gliene fu fatto un altro apposito, non lontano dalle persone e dal quale la lasciavamo uscire tutti i giorni. All'inizio, in realtà, l'avevamo messa insieme ad altri individui della sua età, ma la signorina non ne volle sapere di stare senza i suoi amici bipedi, così si ammalò di nuovo e dovemmo riportarla a casa per abituarla lentamente. Lina doveva abituarsi ai suoi simili e cercammo di fare una reintroduzione graduale, in cui il giorno restava libera o, se c'erano altre persone, restava nel suo recinto e la sera le portavamo un "biberon della buona notte" per farla stare più tranquilla insieme agli altri giovani suini.
Al termine di questa operazione, che non ricordo quanto a lungo durò, eravamo finalmente riusciti a far capire alla nostra scrofa che non era un essere umano ma un maiale e che quindi doveva stare nei recinti con loro (inutile dire che siccome era un allevamento allo stato semibrado, con dei recinti non molto alti, il modo di uscire e venire a trovarci lo trovava sempre).
In seguito Lina si ammalò nuovamente di tracheite, dovendo subire altre iniezioni, che questa volta gli furono fatte da due operai, che lei prontamente cominciò ad inseguire per morderli ad ogni incontro.
Un giorno accadde un altro episodio, al quale ancora oggi nessuno crede: Lina era un "maiale d'affezione" e stava spesso libera per l'azienda a pascolare tranquilla; ad un certo punto, però, scomparve e nessuno riusciva a trovarla. Nel panico più totale degli operai, che dovevano riuscire a trovarla prima che papà se ne accorgesse (io quel giorno non c'ero), cominciarono le ricerche della scrofa. Come ho già detto, Lina era un maiale domestico ed era abituata a rispondere ai richiami, per cui, mentre la chiamavano a gran voce, ad un certo punto gli operai sentirono "rispondere", a grugniti, dall'interno di un furgone. Rintracciato il proprietario e chiamato mio padre, aprirono il furgone e la nostra maialina (che ormai di "ina" non aveva più nulla) poté tornare a casa... tralascio le giustificazioni sul "maiale randagio" che diede il "rapitore".

Qualche mese dopo mio padre mi chiamò dicendo che Lina era diventata mamma. Andammo a trovarla con una buona scorta di pomodori, di cui lei era molto golosa, ed accarezzammo i suoi 4 lattonzoli; solo dopo ci rendemmo conto che non permetteva a nessuno, a parte noi, di avvicinarsi ai suoi piccoli. Non si accoppiò mai più, come se quell'unica cucciolata fosse stata una semplice risposta al medico veterinario, secondo cui non avrebbe mai accettato un maschio, perché era come se non si rendesse conto di essere un maiale. In effetti ne accettò uno solo e, fra l'altro, abbiamo il sospetto che più che uno dei nostri verri, il papà dei suinetti fosse un cinghiale maschio che aveva l'abitudine di venire a dormire con i nostri maiali (forse, in effetti, più che semibrado, il nostro era un allevamento allo stato brado vero e proprio, visto che gli animali erano sempre in giro).
Mi piacerebbe dire che la storia finisce bene e che Lina è ancora lì, a fare irruzione mentre pranziamo fuori e a pretendere di giocare ed essere presa in braccio, ma purtroppo non è così; qualche anno dopo chiudemmo l'allevamento e cedemmo Lina ad un signore che ci aveva dato la nostra prima scrofa nera (Maia, la capostipite), facendoci promettere di non macellarla. In teoria dovrebbe stare ancora lì, in un altro allevamento allo stato semibrado, ma ammetto che non ho mai avuto il coraggio di andare a controllare....


E Ciro?
Trasferita Lina con gli altri maiali, lui è potuto tornare ad essere l'unico animale d'affezione di casa...per quasi tre mesi, poi gli sono toccati altri cuccioli da crescere; impresa dalla quale, bisogna dirlo, non si è mai tirato indietro.....





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